Capitolo XXVI – Monreale
(parte prima)
“Palermo senza sole è come un fiore senza profumo“
Enrico Onufrio
La conca d’oro: Guida pratica di Palermo
L’arrampicata a Monreale: premessa
Per l’arrampicata a Monreale facciamoci accompagnare da qualcuno che sa dirlo meglio di me, Enrico Onufrio, scrittore e poeta scomparso nel 1887, all’età di 27 anni. Nella sua Guida pratica di Palermo dice:
…Il tramvai con trentacinque centesimi ti porterà da Piazza Bologni fino alla Rocca, che è una piccola borgata appiè della scala di Monreale …tu non avrai fatto che percorrere una strada sempre dritta, lunga quattro chilometri, fiancheggiata a dritta e a manca da ville, da casini, da agrumeti, da casette rustiche ti cominciano già a dar l’aria della campagna. Dalla Rocca a Monreale, se i tuoi piedi stanno bene in salute, io ti consiglio di adoperare il cavallo di San Francesco, se no una carrozzella bruttina parecchio, per una lira ti depositerà nella piazza del Duomo di Monreale. Ma io voglio che tu vada con i tuoi piedi, o amico forestiero; perché salendo e salendo per quella comoda strada che serpeggia sulla montagna, tu devi di tanto in tanto fermarti, e volgerti indietro, e posare lo sguardo sulla Conca d’ Oro; perché è proprio la Conca d’Oro nella sua verde magnificenza che ti sta sotto gli occhi, coi suoi orti, con i suoi giardini, che scende dall’anfiteatro dei suoi monti e va sino al mare; sulla cui spiaggia si distende, bianca e immensa, la città, folta di cupole, velata come da una nube bianca che la fa sembrare più bella, e finalmente oltre la città, tu vedi il mare, vale a dire l’immensità azzurra, che ti sorride sempre, che ti rinfranca l’animo, che ti ammalia anche da lontano.
L’autore sente necessario, per arrivare a Monreale, prepararsi col panorama. Oggi, però, è meglio non farlo… fa male. Non c’è tramvai, nè Rocca, nè carrozzella… nè azzurro, né Conca d’Oro, né ciauro, né zagara… solo cemento sporcizia abbandono. Direbbe Virgilio: auri sacra fames (lat. <<maledetta bramosia di danaro>>)!
Ma andiamo a vedere cosa è rimasto dell’opera dei normanni, più in alto.
Il Duomo di Monreale: il portico principale
Poche “entrate” al mondo possono permettersi le Porte del Duomo di Monreale che raccolgono più di 15 secoli di storia… e sono ancora qui a dirci quanto i loro orizzonti fossero più ampi dei nostri. Tutto il mondo è accolto e fuso nelle formelle, tutto il mondo è qui per aprirci all’inverosimile. La prima porta bronzea, detta Porta del Paradiso se la comprarono a Pisa, commissionata a Bonanno Pisano. Si tratta di una raccolta di 42 formelle, con scritte non più latine e non ancora italiane, e in rilievo vengono narrati episodi dell’Antico e Nuovo Testamento. A guardia, in basso, vigili custodi del tempio, due grifi e due leoni la proteggono. Sotto, firma e data 1186, nell’iscrizione ”Anno Domini MCLXXXVI”. Passando dall’Antico al Nuovo T. sembrano animarsi con particolari che accrescono le decorazioni.
Ingresso settentrionale: il portico laterale
Sotto tale portico è rimasto qualcosa di romanico e lì c’è la porta di Barisano da Trani, fusa probabilmente in Sicilia. Ha due battenti e 14 formelle ciascuno, ove è narrata la storia della salvezza, una biblia pauperum per i fedeli, un catechismo nel tempo e sulla vita di Chi è “via, verità e vita”. Infine l’iscrizione: “Barisanus tran. me fecit”. Ci fu spazio anche per alcuni arcivescovi, arcieri e un Ercole con clava e pelle del leone di Erma! Elementi bizantini, normanni, arabi, classici si fondono insieme e il tutto è sigillato dallo stemma di Guglielmo II e una data, 25 aprile 1267.
Gli esterni e lo stile architettonico del Duomo di Monreale
Se la facciata è massiccia e lineare, le absidi sono come giochi d’acqua, fuochi d’artificio, movimento: archi a sesto acuto che si intrecciano tra fasce, dischi, e motivi geometrici, in aggiunta a intarsi di materiali colorati. Probabile che le origini fossero campane, da Cava dei Tirreni, da dove provenivano i cento monaci benedettini del convento cui Guglielmo II consegnò il tempio dedicato alla Vergine.
Se possiamo descriverne una caratteristica, l’architettura normanna è semplice, massiccia e lineare. Nei secoli successivi molti han voluto ingentilirla, “abbellirla”, come è il caso del portico del Paradiso di tre secoli più tardivo, bello ma stonato. Quando, tanti anni fa, venni a Palermo, qualcuno mi disse, lapidario: Monreale (il duomo) è brutto fuori e bello dentro, Palermo (la cattedrale) bella fuori e brutta dentro! Dopo tanti anni posso concludere che chi ci ha messo mano… era meglio che non lo facesse!
Le torri sono poderose, quadrangolari, da “assedio”. Quella a destra ha 4 piani rientranti con monofore e bifora. La sinistra più bassa non si sa se sia mai stata finita ma un cardinale ci collocò una torre e dei merli e, quattro secoli dopo, un arcivescovo ci mise l’orologio! A dire il vero, anche quella di destra si concludeva con una ulteriore cupoletta, ma un fulmine decise altrimenti: era il 1807.
Si conclude qui la prima parte dell’arrampicata a Monreale. Alla prossima puntata!
Bibliografia
ONUFRIO E., Guida pratica di Palermo, Edrisi Edizioni e Ristampe Siciliane SPA Palermo, 1882