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I racconti di p. Jack

Capitolo XXVI – Monreale
(parte seconda)

Duomo di Monreale: le origini

Sembra che anche qui ci fosse una fattoria donata ai monaci nel VI secolo dalla familia romana degli Anici. Quando Gregorio Magno, divenuto papa, donò i suoi immensi granai e quelli di sua madre Silvia ai siciliani, i monaci benedettini vi organizzarono la produzione di grano con la particolare cura di sfamare Roma in miseria ormai, quasi una città aperta.

Guglielmo II offre il duomo di Monreale alla Madonna

Quando i 100 monaci arrivarono da Cava dei Tirreni nel 1176, con le loro tecnologie agricole, i loro manoscritti, le loro liturgie e i loro santi, il grande impianto era appena cominciato. Il resto fu concluso anni dopo, generosamente dotato da Guglielmo II. Si proseguì a edificare per molti anni: palazzi, portici, abbazia, chiostri a Nord e a Sud della grande chiesa.

Aspetto esterno e forme architettoniche

L’entrata del duomo, come da consuetudine aperta a Est, dominava sulla Conca d’Oro e la valle dell’Oreto, ferace piana degradante a mare, abbondante d’acqua e di verdure…
Ci si entra dalla solita Piazza Vittorio Emanuele (cosa c’entra costui non si sa), ma l’entrata principale è in Piazza Guglielmo II!

Chiostro del duomo di Monreale

Chi l’ha costruita non è detto, certo maestranze musulmane, collegate all’arte fatimita, che seppero trasferire tale arte a manufatti cristiani come il Nostro; forme architettoniche islamiche che si svilupparono in al-Andalus (Spagna islamica) subito dopo la cacciata dei musulmani (mudèjar), sicilianizzando e sintetizzando il tutto: decorazioni, forme, colori originali.

Le vicende del Duomo di Monreale

Tanto fu famoso questo artefatto che per secoli fu relativamente rispettato, da chi pretendeva di addomesticarlo al nuovo. Ci possiamo solo immaginare la bellezza, l’insieme che si profilava a mezzacosta del monte Canuto. Certo è che anche oggi il duomo di Monreale resta sempre sublime, con le due torri e le pure forme geometriche.

Vista dai tetti

Nella piazza a destra, tra il 1546- 69, fu aggiunto il portico settentrionale da Domenico e Fazio Gagini (famiglia di artisti di origini ticinesi) che se pur bello la nasconde.

All’interno, nel 1658 furono eliminate le lastre di piombo alle finestre, sostituendole con vetri e si abbatterono i muri che separavano la navata centrale dal presbiterio, cambiando notevolmente la spazialità e la prospettiva iniziale. Probabilmente il duomo di Monreale era stata concepito come chiesa privata del monastero e dei regnanti.

Il portico anteriore del 1770, che pur interessante è lì a nascondere la facciata reale e la porta bronzea, spezza il merletto continuo che corona tutte le mura esterne, per esplodere nei tre absidi. Qui furono addirittura intonacate le lesene, gli archi, gli intrecci, i cerchi di mattoni colorati.

Prospetto anteriore su Piazza Guglielmo II

I guai più grossi seguirono coi restauri dopo l’incendio del 1811 che distrusse stalli, organi, soffitto del presbiterio, baldacchino. I marmi esplosero, i mosaici furono deturpati e caddero anche le colonne di porfido delle tombe di Guglielmo I e II.

Gli interni ricchi e sublimi

Pianta e navate

Il duomo di Monreale è una chiesa basilicale a croce latina (la b. era l’aula del trono del re legiferatore e giudice, tipica dei greci e romani, semplice e rettangolare): più di 100 mt per 40.

Presbiterio, Cristo Pantocratore

Le navate sono separate da due file di 9 colonne di granito, non uguali dato che provengono da spoglio, come i bei capitelli. Queste slanciate colonne, i capitelli e gli archi acuti allargano lo spazio con slancio ed eleganza e introducono alla visione del presbiterio al Xto pantokrator (Cristo Pantocratore).

Mosaici

Colonne e mosaici del duomo di Monreale

Se nei secoli VIII e IX ci furono le lotte iconoclaste e di seguito i musulmani – che non amano le immagini nella loro religione – entrando qui ci si accorge che tutto è cambiato: circa settemila-metri-quadrati di icone a mosaico! Raccontano in immagini la storia del Vecchio e del Nuovo testamento e della Chiesa di quel tempo, come erano fissati nei credenti della chiesa greca e latina nel medioevo bizantino, e riprodotta in Sicilia e nel mondo normanno.

Dopo Agha Sofia (Basilica di Santa Sofia a Istanbul, Turchia), il duomo di Monreale è la più larga figurazione musiva che si conosca: 130 quadri a sfondo d’oro, un immenso tappeto si è adagiato sulle strutture! L’oro è sostanza che va al di là di ogni colorazione. L’oro spoglia tutte le superfici, le solleva e le libera. Per suo mezzo le figure vengono proiettate a noi in una nuvola di santità che conferisce una misteriosa mobilità, sembrano spostarsi continuamente, a noi che ci spostiamo “le figure si muovono, vanno e tornano a arbitrio dei raggi del sole e il tutto ondeggia come l’acqua del mare” (Venanzio Fortunato).

Il soffitto

Concludiamo con due povere parole, non degne dinanzi a tanto splendore di tessere dorate e colorate. Qualcuno scrisse “Aut lux hic nata est, aut capta hic libera regnat”. È purtroppo latino, che ci fa vergognare del nostro italiano: “O la luce è nata qui, o prigioniera qui libera regna”.

Bibliografia

GIORDANO S., Lo splendore di Monreale, Edizioni Poligraf a cura di Stefano Giordano

Nuova Enciclopedia Illustrata dei Santi, Edizioni San Paolo

BELLAFIORE G., Palermo Guida della città e dei dintorni, Susanna Bellafiore Editore

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